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Fondo sociale Europeo: dalla Regione nessuna concertazione

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A poche settimane dalla fine della fase di riprogrammazione dei fondi europei la Giunta di palazzo Donini appare sorda alle richieste delle imprese per formare manodopera specializzata
Data
24/10/2025
Argomenti
riprogrammazione
fondi eu
Fondo sociale Europeo: dalla Regione nessuna concertazione
Fondo sociale Europeo: dalla Regione nessuna concertazione
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“Nonostante le ricerche sulla disoccupazione e sulle esigenze reali delle imprese umbre presentate agli assessori competenti nei mesi scorsi, e le proposte avanzate per trovare soluzioni praticabili alle necessità di manodopera specializzata provenienti dal sistema produttivo, a poche settimane dalla fine della fase di riprogrammazione dei fondi europei dedicati non ci sono stati riscontri al riguardo, né ufficiali né ufficiosi. E questo nonostante l’annunciata volontà della giunta regionale di portare avanti una fase di co-progettazione per costruire insieme il futuro dell’Umbria. Per questo chiediamo con forza un radicale cambio di rotta che assicuri che le risorse residue del Fondo sociale europeo vengano utilizzate per garantire la crescita e lo sviluppo del sistema imprenditoriale e, con esso, del benessere generale della comunità”.

È severo il giudizio di Michele Carloni, presidente di CNA Umbria, sull’atteggiamento politico tenuto dagli assessori regionali in materia di riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali 2021/2027.

“Siamo partiti dalla volontà di progettare insieme l’Umbria del futuro, annunciata dalla presidente Proietti e dal vice presidente Bori nei giorni caldi della presentazione della manovra fiscale con cui sono state aumentate tutte le addizionali regionali, per arrivare alla totale mancanza di coinvolgimento delle associazioni datoriali quando mancano solo poche settimane alla chiusura della fase di riprogrammazione dei fondi strutturali europei. C’è qualcosa che non va, decisamente”.

Nello specifico “le risorse residue del Fondo sociale europeo, che ammontano a oltre 200 milioni di euro, sono le uniche disponibili a livello regionale per provare a dare risposta alle esigenze di manodopera specializzata provenienti da tutte le imprese per poter crescere, diversificare e innovare. Ma a tutt’oggi non abbiamo alcuna informazione rispetto ai temi e agli obiettivi sui quali tali risorse saranno indirizzate. Tutto questo accade mentre aumenta il malumore delle imprese, specialmente di quelle che potrebbero imprimere una spinta alla loro attività ma hanno difficoltà a trovare personale”.

Per il presidente regionale della CNA gli strumenti in parte ci sarebbero, ma andrebbero potenziati e affiancati da altre misure in grado di dare risposte alle diverse esigenze.

“Gli strumenti attualmente disponibili, pur se efficaci ed efficienti, lo sono soltanto per un numero molto ristretto di imprese, quindi sono insufficienti a soddisfare i bisogni della gran parte del sistema imprenditoriale, a cominciare dalle aziende di micro e piccola dimensione, che hanno esigenze molto diversificate tra di loro. Nei mesi scorsi abbiamo proposto di potenziare i tirocini formativi in azienda, sia allungandone la durata, sia aumentando la retribuzione a vantaggio dei lavoratori. Ma abbiamo proposto anche nuovi strumenti per il rilascio di qualifiche tecniche per i disoccupati compresi tra i 18 e i 35 anni di età, nuovi corsi di formazione caratterizzati da una lunga permanenza all’interno dell’azienda e altri ancora ad alto contenuto tecnologico, che spazino dall’uso dell’intelligenza artificiale ai temi della sostenibilità. Ad oggi, però, non abbiamo avuto riscontri concreti. Ma i tempi stringono. Le minacce da affrontare sono tante: il Pil regionale cresce molto a rilento, l’incertezza ha ridotto la propensione delle imprese a investire, i consumi non sono ripresi dopo i colpi assestati dall’inflazione post Covid, la tecnologia evolve a ritmi che costringono le imprese a cambiamenti continui all’interno dei cicli produttivi. In più ci sono i trend demografici inclementi, dovuti a tassi di denatalità in atto da circa un ventennio ma che sono diventati motivo di preoccupazione solo di recente, uniti a una propensione all’emigrazione verso altre Regioni o Paesi da parte dei giovani umbri, soprattutto se altamente scolarizzati. Ciò nonostante, in Umbria ci sono almeno 10mila persone nella fascia di età 18/35 che non studiano, né lavorano e che potrebbero essere utilmente formate per assicurare una risposta alle esigenze di personale qualificato proveniente dalle imprese. Se vogliamo che l’Umbria contrasti il rischio di un declino inesorabile e dia alle imprese gli strumenti per dispiegare le proprie potenzialità di crescita, dobbiamo far sì che le risorse economiche disponibili siano utilizzate nel modo più efficace possibile.
E non c’è modo migliore per farlo – conclude Michele Carloni – che coinvolgere, come promesso, tutti gli attori economici e della società civile”.

Aggiornamento
24/10/2025 09:16

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